giovedì 23 gennaio 2014

imballomania: le insidie del packaging



In pochi decenni le abitudini di consumo sono cambiate radicalmente, le merci hanno nuove modalità di circolazione nello spazio e di conservazione. Ed ecco il dilagare degli imballaggi, o packaging, elegante inglesismo atto a identificare gli involucri con cui si confezionano i beni di consumo.
Basta fare un giro al supermercato per notare vaschette e vaschettine anche laddove non ce ne sarebbe bisogno (frutta, verdura, affettati). Le nostre nonne andavano al mercato con una sporta, ci mettevano di tutto, oggi accumuliamo confezioni di plastica e lattine per piccole porzioni di cibo.

Il packaging non ha soltanto una funzione di trasporto e confezionamento: serve per comunicare. L'identità e l'attrattività di un prodotto partono proprio da qui. Colori, grafiche, messaggi di fiducia per il consumatore.

Nonostante si attribuisca una maggiore igiene ai prodotti confezionati, non dimentichiamo che le materie plastiche o metalliche degli imballaggi nascondono delle insidie per la salute.

Abbiamo sentito parlare di ftalati a proposito delle merci importate dalla Cina prive dei requisiti in materia di sicurezza (e qui si tratta prevalentemente di giocattoli e abbigliamento). Ebbene, gli ftalati sono plastificanti che aumentano la flessibilità dei polimeri e purtroppo migrano facilmente per contatto; oltre ad essere persistenti nell'ambiente (estrema difficoltà di smaltimento) il loro accumulo progressivo nell'organismo provoca danni a sistema endocrino, cervello, reni e polmoni (fonte: Endocrine Society, 2009).
Non meno pericoloso il bisfenolo, componente del diffusissimo policarbonato e di resine e pellicole: altera l’attività dell’apparato endocrino, mima l’azione degli estrogeni essenziali nello sviluppo celebrale, certi livelli di BPA sono significativamente correlati a disturbi cardiovascolari, diabete e aumento anomalo del livello di alcuni enzimi epatici.

Vaschette, bottiglie, lattine determinano una mole impressionante di rifiuti, che va ad appesantire la già difficile situazione ambientale e che gonfia le tasche della malavita.
Possiamo fare un passo indietro? In parte sì.
L'educazione ambientale deve partire dalla prevenzione: insegnare a ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Riabituiamoci, dove possibile, a comprare merci sfuse. Detersivi e latte si possono acquistare da distributori automatici reimpiegando un solo contenitore nel tempo. I più fortunati hanno l'opportunità di attingere acqua alle fonti pubbliche monitorate dalle municipalità; in alternativa ci si può dotare di un purificatore, il cui investimento iniziale si ammortizza in pochi mesi e che ci libera dalla scocciatura di trasportare e stoccare pesanti casse di bottiglie (il PET esposto al sole nelle fasi della filiera rilascia nell'acqua additivi e diossine).

Infine, non resta che il riciclo intelligente. Dico intelligente perché le componenti vanno scrupolosamente separate (es. etichetta di carta su una lattina), ma l'ambiente ci ringrazierà: con 640 lattine si fa 1 cerchione per auto; quasi il 90% dei quotidiani italiani viene stampato su carta riciclata; una bottiglia di plastica del peso di 50 gr. può produrre attraverso termovalorizzazione l’energia necessaria per tenere accesa una lampadina da 60 Watt per un’ora.

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