martedì 4 marzo 2014

Gratta, punta e perdi. Il miraggio di vincere al gioco



Proprio oggi un telegiornale ha ricordato il Piano d'azione 2013-2015 sul gioco patologico, mirante a valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo patologico (Gap) e il fenomeno della dipendenza grave. Anni di crisi, questi, che spingono a tentare di tutto per campare o realizzare il sogno del benessere economico. Un incubo travestito da sogno, però, quello del gioco d'azzardo. Vediamo perché.

Probabilità di vincita irrisorie e poco trasparenti
L'Agenzia dei Monopoli e delle Dogane ha stabilito che per ogni gioco le probabilità di vincita debbano essere espressamente dichiarate, ma quelle che superano l'1% sono di importo pari a ripagare la giocata. Col risultato che il giocatore ci riprova. Infatti le vincite massime sono:
Megamiliardario: una su 1.672.000 biglietti
Turista per sempre: una su 2.880.000 biglietti
Win for life: una su 1.672.000 biglietti
Miliardario: una su 5.040.000 biglietti
Superenalotto: una su 622.614.630 biglietti
L'eredità: una su 7.500.000 biglietti.

Photo by Marcin Wichary
I Signori del gioco
Chi gestisce il gioco in Italia? Solo due società sono italiane: Lottomatica, partecipata al 60% da De Agostini SpA, e Snai, a partecipazione mista. Le altre appartengono ad azionisti con sedi estere (Lussemburgo, Zurigo, Antille), per cui non controllabili da un punto di vista finanziario.
Numerose Procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia hanno svelato la presenza di "azionisti del gioco" quali i Casalesi, i Santapaola, i Mancuso, i Lo Piccolo, gli Schiavone, e moltissimi altri. La malavita agisce soprattutto nel piazzamento delle slot, con la duplice intenzione di incassare i ricavi e di utilizzarle per riciclare denaro sporco.
Saliamo su, perché c'entra anche lo Stato. Dati del 2001 dell'Agenzia dei Monopoli e delle Dogane quantificano in circa 80 miliardi di euro i proventi da gioco d'azzardo, più altri 14 milioni dai giochi online (fonte: NetBetCasino.it e LivePartners). Recentemente, in Senato, sono stati resi noti i nomi di politici che hanno ricevuto finanziamenti a vario titolo da società che gestiscono il gioco d'azzardo, fra cui l'ex premier Letta.

L'azzardo corre sul web
Allettanti bonus di ingresso, grafiche ipnotiche: i casinò online promettono facili ricchezze e non risparmiano in pubblicità. L'ignaro giocatore abbocca, per trovarsi a un tavolo da gioco virtuale in compagnia di un software che non lo farà mai vincere (anzi, gli farà vincere quel tanto da invogliarlo a proseguire) o a giocatori pagati dal sito che vedono le sue carte.

La vida es una tómbola
Tanto per citare il jingle di uno spot variopinto e festeggiante che pubblicizzava una tombola online. Appunto, pubblicizzava. Pubblicizzare il gioco d'azzardo sì, e le sigarette no? Da pochi giorni il divieto di pubblicizzare i giochi d'azzardo è entrato nell'ordine del giorno di una delega sulla disciplina del gioco d'azzardo. Aspettiamo fiduciosi che il governo Renzi prenda posizione in materia.

Cerchi nuove collaborazioni? Paga!



l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (a pagamento)

Di recente ho fatto una scoperta che merita un articolo, e soprattutto merita di essere discussa.
Molti freelancers come me cercano nuove opportunità di collaborazione in rete, su piattaforme a tema (giornalismo, copywriting, SEO). L'iscrizione offre la possibilità di inserire un profilo con relativo portfolio e di far incontrare domanda e offerta di incarichi nel settore.
Fin qui, tutto bene. I furbacchioni – quasi tutti – permettono un'iscrizione gratuita, sì, ma per leggere le offerte di lavoro devi pagare. Oppure, variante più sofisticata, devi pagare per farti trovare da un head hunter (che brutta etichetta, mi evoca un uomo col fucile) o persino sapere chi ha consultato il tuo profilo. Il non plus ultra è vedersi arrivare nella casella di posta elettronica decine di annunci, cliccarci e... “Abbonati per accedere alle offerte”. Ma chi vi ha chiesto di inviarmele, allora? Eh, “ma qui trovi solo annunci di incarichi retribuiti”. Già, dimenticavo, va di moda far lavorare i freelancers gratis.
photo by www.BackgroundNow.com

E si spalanca un orizzonte di scenari al limite del legale. La nostra cara Costituzione esordisce dichiarando che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, quindi dubito che un diritto possa diventare oggetto di lucro da parte di chi millanta di favorire il recruiting. Non sussiste neppure l'argomentazione di offrire un servizio a difesa dell'una o dell'altra parte, dato che i suddetti portali mettono bene in evidenza il disclaimer “XXX non si assume responsabilità per il contenuto degli annunci pubblicati”. Quindi su cosa si eroga un servizio?
La ragion di esistere dei portali di offerte a pagamento è il pagamento dell'abbonamento. Bel giro d'affari, coi tempi che corrono.
Smettiamo di gonfiare le tasche altrui per cercare incarichi onesti e cominciamo a contare solo su noi stessi: un bel sito web dove presentarci con professionalità, un portfolio ben fatto, una adeguata comunicazione sui social e sui blog. In attesa che la riforma del lavoro fermi chi specula su di noi.