mercoledì 22 gennaio 2014

Lo Stato e i crimini contro l'ambiente: chi ci protegge?



Le vicende della Terra dei Fuochi e dell'Ilva di Taranto portano alla luce un comune denominatore: la complicità dello Stato. La compenetrazione fra camorra e politica in un caso, la corruzione nell'altro, hanno fatto sì che l'attività criminosa si svolgesse senza ostacoli da parte degli organi preposti alla tutela della legge e della salute pubblica.

Le rivelazioni di Schiavone

“Io certe cose, come i luoghi esatti dove è interrata l’immondizia più pericolosa, le ho dette nel 1997 durante le audizioni in commissione Ecomafie – racconta Schiavone – Sapete cosa mi dissero? Che era impossibile bonificare perché servivano troppi soldi”. Il dossier dettagliato dei sopralluoghi nei siti inquinati indicati dal pentito è rimasto sotto segreto per quasi vent'anni, vent'anni durante i quali quelle terre sono state coltivate ed edificate. Vent'anni durante i quali l'incidenza della mortalità della popolazione ha superato la media nazionale con punte del 29% in alcuni comuni.

Schiavone parla chiaro: la camorra e la politica sono una cosa sola al punto che lo Stato stesso, per i camorristi, viene identificato con il sistema della malavita di cui fanno parte e di cui continuano a nutrirsi. Il clan dei Casalesi teneva sotto controllo le cariche delle pubbliche amministrazioni e i sindaci venivano scelti per essere pilotati da personaggi al di sopra di essi stessi. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano era ministro dell’interno all’epoca delle dichiarazioni. Come poteva non sapere delle dichiarazioni rilasciate alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti?

Le intercettazioni sul caso Ilva di Taranto

Anche a Taranto si muore a causa dell'inadempienza reiterata sui criteri di contenimento delle emissioni industriali dell'Ilva. L’avvocato Perli, accennando a Dario Ticali, presidente della commissione Aia (indagato per abuso d’ufficio), racconta a Riva delle minacce che gli ha rivolto: “Qui salta la Prestigiacomo”. E Riva: “Due casi di tumore in più all’anno? Una minchiata”.
Intercettato dai finanzieri del gruppo di Taranto dal 13 aprile del 2010 al 9 novembre dello stesso anno, Riva avrebbe elargito nomi e numeri sufficienti a far saltare decine di poltrone. E perché? Grazie a copiose donazioni elargite a tutti i partiti politici italiani. Nel 2008 un versamento di Riva per salvare Alitalia fu determinante per il successo della campagna elettorale di Silvio Berlusconi, tant'è che in cambio, nel 2010, il ministro dell'ambiente Prestigiacomo firma un decreto che posticipa di tre anni l'adeguamento dell'Ilva ai valori stabiliti per le emissioni.
"L'Ilva non ha colpe. Le cause del tumore ai polmoni dei tarantini sono da ricercare in altri fattori, a cominciare dal fumo di tabacco e alcol, nonché nella difficoltà nell'accesso a cure mediche e a programmi di screening", chiosa il commissario straordinario dell'Ilva, Enrico Bondi.
Aggiungo un'aggravante: di Ilva si parla anche a proposito di lavoro. La chiusura dell'Ilva manderebbe in rovina 3 mila lavoratori. la sopravvivenza dell'Ilva perpetrerebbe una strage, dato che anche con l'adeguamento ambientale non si risolverebbe il problema: servirebbe una bonifica integrale di un'area ben più ampia del distretto siderurgico.
Ecco un altro caso in cui le spese le fanno i lavoratori: o occupati e malati, o disoccupati e malati.

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