In pochi decenni le abitudini di consumo sono cambiate
radicalmente, le merci hanno nuove modalità di circolazione nello spazio e di
conservazione. Ed ecco il dilagare degli imballaggi, o packaging, elegante inglesismo atto a identificare gli involucri con
cui si confezionano i beni di consumo.
Basta fare un giro al supermercato per notare vaschette e
vaschettine anche laddove non ce ne sarebbe bisogno (frutta, verdura,
affettati). Le nostre nonne andavano al mercato con una sporta, ci mettevano di
tutto, oggi accumuliamo confezioni di plastica e lattine per piccole porzioni
di cibo.
Il packaging non ha soltanto una funzione di trasporto e
confezionamento: serve per comunicare.
L'identità e l'attrattività di un prodotto partono proprio da qui. Colori,
grafiche, messaggi di fiducia per il consumatore.
Nonostante si attribuisca una maggiore igiene ai prodotti
confezionati, non dimentichiamo che le materie plastiche o metalliche degli
imballaggi nascondono delle insidie per
la salute.
Abbiamo sentito parlare di ftalati a proposito delle merci
importate dalla Cina prive dei requisiti in materia di sicurezza (e qui si
tratta prevalentemente di giocattoli e abbigliamento). Ebbene, gli ftalati sono
plastificanti che aumentano la flessibilità dei polimeri e purtroppo migrano
facilmente per contatto; oltre ad essere persistenti
nell'ambiente (estrema difficoltà di smaltimento) il loro accumulo progressivo nell'organismo
provoca danni a sistema endocrino, cervello, reni e polmoni (fonte: Endocrine
Society, 2009).
Non meno pericoloso il bisfenolo, componente del
diffusissimo policarbonato e di resine e pellicole: altera l’attività
dell’apparato endocrino, mima l’azione degli estrogeni essenziali nello
sviluppo celebrale, certi livelli di BPA sono significativamente correlati a
disturbi cardiovascolari, diabete e aumento anomalo del livello di alcuni
enzimi epatici.
Vaschette, bottiglie, lattine determinano una mole impressionante di rifiuti, che va
ad appesantire la già difficile situazione ambientale e che gonfia le tasche
della malavita.
Possiamo fare un passo indietro? In parte sì.
L'educazione ambientale deve partire dalla prevenzione:
insegnare a ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Riabituiamoci, dove
possibile, a comprare merci sfuse. Detersivi e latte si possono acquistare da
distributori automatici reimpiegando un solo contenitore nel tempo. I più
fortunati hanno l'opportunità di attingere acqua alle fonti pubbliche
monitorate dalle municipalità; in alternativa ci si può dotare di un
purificatore, il cui investimento iniziale si ammortizza in pochi mesi e che ci
libera dalla scocciatura di trasportare e stoccare pesanti casse di bottiglie
(il PET esposto al sole nelle fasi della filiera rilascia nell'acqua additivi e diossine).
Infine, non resta che il riciclo intelligente. Dico intelligente perché le componenti vanno
scrupolosamente separate (es. etichetta di carta su una lattina), ma l'ambiente
ci ringrazierà: con 640 lattine si fa 1 cerchione per auto; quasi il 90% dei
quotidiani italiani viene stampato su carta riciclata; una bottiglia di
plastica del peso di 50 gr. può produrre attraverso termovalorizzazione
l’energia necessaria per tenere accesa una lampadina da 60 Watt per un’ora.